domenica 27 novembre 2016

Reborn

18 anni.
12 giorni.

Quando esce e il metallo torna nel suo cervello, gli sembra di rinascere. Il vero problema lo coglie pochi istanti dopo, quando incontra Lucky fuori dai cancelli del carcere.

Vuole tornare dentro.

Non perché gli piaccia il carcere, figuriamoci, lui odia la Sand. È perché fuori non ha nulla, perché vuole stare solo.

Strano che abbia passato la vita a rincorrere le persone e ora si ritrovi a desiderare la solitudine. Gli affetti sono per i deboli. Se vuoi bene a qualcuno hai un punto debole.

La conferma l'ha avuta poi, scritta in due occhi delusi.

Non puoi evitare di voler bene a qualcuno. Non puoi impedirti di amare, eppure mostrarlo cosa ti crea se non dolore?
Ha chiuso il cuore la sera stessa. Col volto in fiamme e il cuore rotto, seduto su un pavimento freddo e la nomea di marciume scritta in fronte.

ci si vede, Mike..

Ma lui non ne è sicuro.

venerdì 11 novembre 2016

Alleluja

 non ho paura di finire dentro, ne di invecchiarci..ho paura di uscire dopo e vedere che niente è cambiato 

Quando hanno chiuso la cella dietro di lui ha sentito il freddo entrargli nelle ossa. Eppure è caldo, lo sa. La divisa che gli hanno dato è di cotone, abbastanza morbida da sciogliergli i muscoli intirizziti dal freddo. Ha anche una coperta, sulla branda posta contro il muro. E' in fermo, infondo. Una volta dentro la Sand sarà diverso.  Chiude gli occhi e si lascia cadere su materasso sottile, la rete sotto di esso cigola rumorosamente per il peso. Acchiappa la coperta, se la stende addosso e nemmeno aspetta che chiudano le luci. Lui è già con il volto contro la parete e gli occhi socchiusi e le labbra che si muovono leggermente. Prega. Non lo faceva da che era bambino e gli riesce incredibilmente facile ritornare a farlo.

nessuno mi deve nulla « lo guarda, Maximilian, con attenzione » nessuno Max, davvero. Accetto la responsabilità delle mie azioni ed è tutto ciò che devo a me stesso 

Preme la fronte contro il muro freddo, e il fresco lo risolleva un attimo. La febbre non deve essere altissima, presto si abbasserà e il raffreddore sarà un brutto ricordo, probabilmente. La maschera gli ha chiesto se voleva un medico, ha risposto di no e ha chiesto solo la coperta. Va benissimo quella.
La voce di Maximilian gli scivola nella mente, è un po' come un veleno che entra nell'orecchio e ti uccide di nascosto. Sa che ha ragione, vorrebbe seguirlo, e invece alla fine fa tutto il contrario.

 alle volte una cosa è sbagliata..è..« si schiarisce la voce »terribile..ma si è costretti a farla per qualcun'altro sai?...non dico che è normale, non dico che è giusto, dico che faresti la stessa cosa anche tu probabilmente 

Cosa c'è di più terribile che tradire se stesso? Quanto si farà? Forse niente. Una vocina nella sua testa gli sussurra che magari non troveranno il corpo, le accuse cadranno, si sta facendo problemi per niente. Scaccia il pensiero e resta li, a fissare il muro. Ha bisogno della Sand. Ha tentennato. Se avesse ascoltato Maximilian fino in fondo, se avesse accettato la sua muta richiesta, la richiesta di se stesso, della sua anima che urlava. Se avesse accettato davvero di smettere di essere l'uomo che ha ucciso suo padre, cosa sarebbe successo?

 Lo vorrei davvero, ma ferisce troppe persone a cui voglio bene 

Forse una soltanto. Una a cui vuole talmente bene da rinunciare alla sua stessa vita. Perchè chi meglio di se stesso può capire quando stai per crollare? Chi meglio di lui può fermare il crollo prima che sia definitivo? Sarà doloroso, sarà terribile. Sta dicendo addio a se stesso, e lo sente dentro di se. 

io ti voglio bene Max « annuisce lentamente, osservandolo » so..so che non sarei solo « stira le labbra in un sorriso mesto, ma scuote la testa subito dopo » e..« china il capo, guarda le proprie scarpe » penso che per la prima volta nella mia vita, non stia pensando a me « torna a guardarlo. Stringe le labbra e gonfia il petto profondamente. Infine scuote solo il capo » non hai risposto alla mia domanda. Vuoi arrestarmi Maximilian Lee? O posso andare via?

Tiene la fronte contro il muro, trema leggermente e reprime un singhiozzo arrotolandosi sotto le coperte. Gli occhi stretti, il volto della donna stampato dietro le palpebre, che lo guarda, che lo prega. Fisserà quel volto per sempre, o per lo meno finchè smetterà di fare male. Ne è consapevole e spera che non duri poi così tanto. 

per lei sarà solo qualche giorno « annuisce » lo sarà anche per te, quindi non ti preoccupare ok Max? 

E poi sarà pronto ad uccidere ancora suo padre.

giovedì 10 novembre 2016

Era solo una drogata del cazzo

«NON PARLO non parlo non vi ho mai visti non vi ho mai visti NON E' SUCCESSO NULLA OH DIO DIO TI PREGO NULLA NON E' SUCCESSO NULLA---»

 Ho capito. HO CAPITO! «questa volta è lui ad urlare, un po' a se stesso, un po' a tutti quelli che parlano, lo sguardo sale a cercare quello della donna e dopo un profondo respiro annuisce» durerà un attimo, poi non senti più nulla. E' un po' come farsi, ok? 

mercoledì 9 novembre 2016

good job kiddow.

Philadelphia, 02.03.2009

Lui davvero crede alle parole del padre della sera prima. Quando ancora non era ubriaco, quando ancora non aveva litigato con la mamma per l'ennesima dose che lei aveva fregato dalla tasca del cappotto.
Lui davvero ci credeva.
Per cui la mattina del suo quinto compleanno Mihael McRush si è svegliato all'alba, ha indossato i suoi pantaloni preferiti e la maglietta rossa e verde. Ha preparato lo zaino e ci ha messo mezz'ora prima di riuscire ad allacciare le scarpe come si deve, ma da bravo bambino non ha chiesto aiuto a nessuno, ha fatto i fiocchi ad entrambe le scarpe e li ha fissati pieno di orgoglio infantile, sorridendo felice. 
Lui crede davvero alle parole di suo padre, perchè non potrebbe fare altrimenti, perchè è il suo eroe, perchè lui dice sempre la verità. Quindi scende di fretta le scale che portano al piano inferiore, trascinandosi dietro lo zainetto mezzo vuoto e si ferma proprio davanti alla porta della sala, rimanendo li, in piedi, confuso.

Suo padre è sopra la mamma, ha il volto rosso di rabbia e le mani che premono contro il petto della donna. Sono colpi, veloci, di tanto in tanto si ferma e controlla il collo della donna, scuote il capo e si china su di lei per soffiarle aria nei polmoni. La sta rianimando, ma Mike è troppo piccolo per capirlo.

Mike! Chiama il 911, ADESSO. Mi hai sentito? ORA.

Lui non saprebbe nemmeno cosa dire, ma annuisce e lascia cadere lo zaino per correre al telefono e fare come gli urla il padre. Quando tutto finisce, quando l'ambulanza porta via sua madre e lui e papà restano in casa da soli, Paul si volta verso suo figlio e per una volta la mano non si posa su di lui per strattonarlo. Le dita si infilano tra i capelli rossi, in una vaga carezza che diventa un veloce abbraccio.

Sei stato bravo. Bravo figliolo.

Mihael non si azzarda ad abbracciarlo, ha paura di spezzare qualcosa, ma gli va bene così. Annuisce soltanto e tira su con il naso, scacciando le lacrime ai lati degli occhi. Il resto della giornata prosegue tra l'ospedale e casa, suo padre compra persino un muffin, ci piazza vicino lo zippo e gli dice di soffiare per spegnere la fiamma, gli fa assaggiare la birra per la prima volta, lo incoraggia dicendo che è diventato finalmente un uomo. 
Non sono andati allo zoo come aveva promesso, ma Mihael non glielo ricorda nemmeno, a lui va bene così.

Due giorni dopo, quando viene nuovamente chiuso nell'armadio da un padre ubriaco che gli ha appena fatto un occhio nero, lui pensa soltanto alle sue parole il giorno del suo compleanno, ricacciando le lacrime nel buio. 

Sei stato bravo. Bravo figliolo.

lunedì 7 novembre 2016

My biggest enemy is...

Junior non c'è, ha controllato in casa, girato per le stanze in silenzio, con le mani in tasca, appoggiandosi sulla cornice della porta, a guardare l'armadio senza porta, sul fondo della sua vecchia camera da letto e l'adesivo appiccicato contro il legno. Qualche istante di troppo a perdersi in pensieri che ha scacciato con una smorfia, prima di scendere le scale e arrivare davanti alla porta nascosta. Le dita hanno accarezzato il bordo della carta da parati ritagliata ad hoc e con la forza del pensiero ha fatto semplicemente scattare il meccanismo, aprire la porta. Ora si ritrova seduto al tavolo marcio che ha recuperato dalla cucina, quello dove la madre tagliava la coca, il padre rompeva le bottiglie e lui farciva i panini di burro d'arachidi e marmellata. E' un tavolo pieno di orrore e di vita, puzza di muffa, e si è appoggiato ad esso, con la macchinetta per fare tatuaggi che vibra, soffocata dal suono che proviene dalle cuffiette che si è infilato, la musica così alta che si sente anche esternamente.
L'ago entra nella pelle, disegna linee scure sulla pelle, linee che non andranno via mai. La destra si muove abile, la sinistra resta distesa. E' questione di poco e posa la macchinetta con un sospiro, togliendosi la sigaretta ormai finita dalle labbra, schiacciandola contro il legno del tavolo, incurante, accanto a mille e più bruciature.

ROTTEN

Giusto per ricordarmelo, sai..se mi vengono altre idee sceme.

Lo dice ad alta voce, mentre si toglie le cuffiette, abbandonate a sparare musica nel vuoto, e non più dentro le sue orecchie. Guarda il tatuaggio e piega il capo verso destra, alza gli occhi sul muro poco lontano, ha l'occhio abbastanza allenato per poter vedere la foto attaccata al muro grazie ad una moneta modellata per sembrare un chiodo. Guarda la foto e allunga le gambe lasciando scivolare il sedere sul legno della sedia.

Sai pa', mi fa schifo il baseball, ma non c'avevo le palle per dirtelo.

Alza il mento, reprime una mezza risata amara, recupera un'altra sigaretta e la accende, la testa piegata in avanti, un ciuffo di capelli che gli sfiora la fronte.
E l'idea di stare diventando un po' come sua madre, un po' più pazzo ogni giorno di più.