mercoledì 9 novembre 2016

good job kiddow.

Philadelphia, 02.03.2009

Lui davvero crede alle parole del padre della sera prima. Quando ancora non era ubriaco, quando ancora non aveva litigato con la mamma per l'ennesima dose che lei aveva fregato dalla tasca del cappotto.
Lui davvero ci credeva.
Per cui la mattina del suo quinto compleanno Mihael McRush si è svegliato all'alba, ha indossato i suoi pantaloni preferiti e la maglietta rossa e verde. Ha preparato lo zaino e ci ha messo mezz'ora prima di riuscire ad allacciare le scarpe come si deve, ma da bravo bambino non ha chiesto aiuto a nessuno, ha fatto i fiocchi ad entrambe le scarpe e li ha fissati pieno di orgoglio infantile, sorridendo felice. 
Lui crede davvero alle parole di suo padre, perchè non potrebbe fare altrimenti, perchè è il suo eroe, perchè lui dice sempre la verità. Quindi scende di fretta le scale che portano al piano inferiore, trascinandosi dietro lo zainetto mezzo vuoto e si ferma proprio davanti alla porta della sala, rimanendo li, in piedi, confuso.

Suo padre è sopra la mamma, ha il volto rosso di rabbia e le mani che premono contro il petto della donna. Sono colpi, veloci, di tanto in tanto si ferma e controlla il collo della donna, scuote il capo e si china su di lei per soffiarle aria nei polmoni. La sta rianimando, ma Mike è troppo piccolo per capirlo.

Mike! Chiama il 911, ADESSO. Mi hai sentito? ORA.

Lui non saprebbe nemmeno cosa dire, ma annuisce e lascia cadere lo zaino per correre al telefono e fare come gli urla il padre. Quando tutto finisce, quando l'ambulanza porta via sua madre e lui e papà restano in casa da soli, Paul si volta verso suo figlio e per una volta la mano non si posa su di lui per strattonarlo. Le dita si infilano tra i capelli rossi, in una vaga carezza che diventa un veloce abbraccio.

Sei stato bravo. Bravo figliolo.

Mihael non si azzarda ad abbracciarlo, ha paura di spezzare qualcosa, ma gli va bene così. Annuisce soltanto e tira su con il naso, scacciando le lacrime ai lati degli occhi. Il resto della giornata prosegue tra l'ospedale e casa, suo padre compra persino un muffin, ci piazza vicino lo zippo e gli dice di soffiare per spegnere la fiamma, gli fa assaggiare la birra per la prima volta, lo incoraggia dicendo che è diventato finalmente un uomo. 
Non sono andati allo zoo come aveva promesso, ma Mihael non glielo ricorda nemmeno, a lui va bene così.

Due giorni dopo, quando viene nuovamente chiuso nell'armadio da un padre ubriaco che gli ha appena fatto un occhio nero, lui pensa soltanto alle sue parole il giorno del suo compleanno, ricacciando le lacrime nel buio. 

Sei stato bravo. Bravo figliolo.