sabato 6 maggio 2017

Then..

Hey!

La schiena di Selene è praticamente la prima cosa che vede quando entra in casa, si toglie la giacca a fatica per colpa della ferita alla spalla e lei ovviamente la nota quando si volta a osservarlo. Lo sguardo confuso e spaventato della ragazza lo fa bloccare, alcuni istanti in cui cerca di ragionare e trovare le giuste parole, infine posa la giacca sulla sedia e gira intorno al tavolo per raggiungerla.

è tutto ok.

Ma lo sa che non è vero, la vede scuotere il capo e chinarsi sul lavello pieno di acqua e sapone, tornare a lavare i piatti mentre lui si avvicina, cingendole la vita con le braccia, cercando un contatto che non ha con nessun altro.

è tutto ok.

Lo ripete a lei o a se stesso? Chiude gli occhi affondando il volto contro la sua spalla, il naso premuto contro la pelle del collo e gli occhi chiusi, inspira l'odore di Selene come se fosse l'ossigeno di cui ha bisogno, di cui non può fare a meno.

Ho fatto le analisi per i servizi sociali oggi.

Lei parla con voce solida, nel tentativo di mantenere una sicurezza che non le si addice, troppo gelida e dura per lei. Si allontana dal suo collo e dalla sua ancora per lasciarle lo spazio necessario a voltarsi e affrontarlo, occhi contro occhi, il lavandino ad impedirle ogni tipo di fuga e lui che sente una dolorosa minaccia che si affaccia alle sue ossa, un terrore improvviso, come se non riuscisse ad affrontare possibili cattive notizie, non su di lei, non portategli via lei.

Le analisi..?
Le faccio ogni mese per il recupero dall'eroina, sgarro una volta e mi portano via John.
Si...si ma..?

Lei trattiene il fiato, lui alza entrambe le mani come se volesse sorreggerla, impedirle di spezzarsi e crollare, come se avesse paura di vederla scomparire davanti ai suoi occhi come un sogno al suono della sveglia.

Sono incinta Mike.

Una bimba nucleare avrebbe causato meno. La vede cedere e tremare, pronta a crollare e lui allunga quelle mani, già pronte a raccoglierla, le porta alle spalle e le fa scivolare dietro la sua schiena, stringendola a se. Non sa cosa dire, fissa il vuoto a lungo e infine posa le labbra contro i suoi capelli sentendola respirare contro la sua maglia.

te ne andrai?
Perché dovrei?

Selene ha l'anima lacerata dai tradimenti, uomini che hanno giocato con lei come con una bambola, ha cicatrici profonde che lui non può vedere se non quando nella notte lo allontana terrorizzata da un incubo, ma lo stringe singhiozzando, e come lui non è stata capace di trattenersi dal cadere nuovamente nella solita terribile trappola.

come posso fidarmi?

Fissa la finestra sopra al lavello, continua a stringerla a se e gli tornano in mente le parole del capo. È tutta una questione di fiducia questo mondo, di accettare gli eventi e andare avanti, ignorando il dolore.

non lo so.

Sussurra lasciando che i punti alla spalla tirino, mentre continua a stringerla a se, sussurrandole parole di conforto all'orecchio, cercando di scacciare i suoi dubbi senza riuscire davvero nell'impresa.

È tutto ok. Resto, io resto.

Ma quando dopo alcune ore si ritrova nascosto in bagno con il cellulare tra le mani si rende conto che è terrorizzato e che non fa altro che pensare ad un nome.

mercoledì 3 maggio 2017

fiducia

perché non ti fidi?

La voce del capo -il nuovo capo- gli entra nella testa come un tarlo doloroso, sospira mente curva le spalle in avanti e non risponde, lasciando che la voce dell'altro si sciolga sulle sue spalle come un balsamo.

non sei a Philadelphia Spike, sei a New York, io non sono come loro, noi non siamo come loro. Non siamo una famiglia, questo è vero, ma non molliamo nessuno nella bocca del leone.

Inspira violentemente cercando di scacciare quella sensazione dal petto, quella nostalgia che gli attanaglia le viscere e che lui odia terribilmente.

Ho letto tutto su di te, mi è stata riferita ogni cosa. Un errore di vent'anni fa non può corrompere una carriera come la tua, ok? Ti ho visto ammazzare con i miei occhi, e posso assicurarti che non ho dubbi su di te, ma tu non devi averne su di noi. 

Imparare a fidarsi di nuovo di qualcuno è un processo difficile, si fissa le mani e alza gli occhi solo per fissare a lungo l'uomo anziano avanti a se, potrà avere su i cinquant'anni, ma non c'è traccia di droga nei suoi lineamenti, quanto una sottile determinazione che lo rende talmente tanto autorevole da incutere timore e rispetto.

ok.
Non voglio che ci provi, voglio che ci riesci. La prossima volta che provi a fare tutto da solo non sarà una pallottola di un nemico a colpirti, ok?

La minaccia viene incassata con un movimento del capo, l'uomo se ne va e lui resta seduto sulla sedia di plastica e metallo nel centro della clinica, la spalla che brucia come l'inferno e il telefono che vibra contro la gamba sinistra con insistenza soffocante. 
Ci sarà tempo per rispondere, ora ha solo voglia di silenzio e tempo per scacciare quella brutta sensazione al petto.

martedì 18 aprile 2017

Talco

Selene?

Il rumore di lenzuola fruscianti lo fa voltare verso la ragazza accanto a lui nel letto, distogliendo lo sguardo dalla finestra che da su una vecchia scala antincendio mezza arrugginita, lo posa su di lei strofinando la schiena contro il materasso mentre si mette seduto a fatica con un mugolio.

Dormi Mike.

Non è una domanda, non è un ordine, è quasi una preghiera di qualcuno che alle cinque del mattino vuole solo dormire e probabilmente ha anche ragione. Si schiarisce la voce guardando il profilo della sua spalla nuda che spunta tra le lenzuola azzurre, assottiglia lo sguardo e lo fa scivolare sulla stanza in disordine. L'appartamento di Selene non puzza di piscio e sudore come il suo, c'è un odore di vaniglia che proviene dalla pila di vestiti appena tirati fuori dalla lavatrice e posati su una sedia, l'odore del fumo di sigaretta di cui sono pregne le tende e la moquette della camera da letto e ha quel profumo di talco a cui ha dato un senso vero solo una volta entrato in casa di lei la prima volta, una settimana prima, quando ha scoperto quel lato della vita di Selene che lei non ha condiviso nemmeno con il gruppo di recupero.

pensi che potrei venire a vivere qui? Potrei darti qualcosa, come un affitto, aiutarti con le bollette e magari con la spesa.. Il mio appartamento fa schifo.

I minuti di silenzio che seguono gli fanno pensare che forse lei stia dormendo, ma nuovamente va a muoversi, si rigira nel fruscio di lenzuola e lo guarda, dal basso, il seno scoperto e nessun segno di imbarazzo sul volto da ragazzina. Selene ha diciannove anni e sembra che ne abbia quindici, se non fosse per le sue curve probabilmente anche meno. Gli occhi troppo grandi in quel volto che ha visto troppo.

Vuoi che conviviamo? Mike..ci frequentiamo da una settimana..io..capisco che il sesso è fantastico, ma... Si tratta di un passo importante che...
Non ti sto chiedendo di sposarmi sweety.

Il tono ironico gli spunta dalle labbra scivolando lungo la gola in una carezza che non sentiva da tempo. Scherza, con Selene, le labbra si sono tirate in sorrisi sinceri innumerevoli volte in questa ultima settimana ed è una cosa che non credeva nemmeno lontanamente possibile.

non fare lo scemo...
Sel...non sto chiedendo una relazione seria, non voglio immergermi in qualcosa di così pesante dopo una settimana, sto solo dicendo che il mio appartamento fa schifo e a te qualche soldo in più serve sempre, non l'hai detto? Hai una stanza libera e beh..il fatto che ci sia ottimo sesso è una piacevole addizione, no?

Il silenzio che segue è ricco di tensione, la sente, sotto i polpastrelli, nell'aria e nella figura di donna che ora si appoggia a lui con attenzione e delicatezza, sfiorandolo prima lentamente come a chiedergli un permesso che le viene concesso con un sospiro.

Ne sei sicuro?
Se non lo fossi non te l'avrei chiesto non pensi?

Altro silenzio, altri respiri, lei si stringe maggiormente a lui e lui, scacciando quella sensazione di disagio che ormai gli riempie il petto, la stringe a se con il braccio sinistro che le circonda le spalle.

Nonostante John?

Sorride con il volto contro i suoi capelli, inspira profondamente l'odore di shampoo tra le ciocche scure e chiude gli occhi per lunghi istanti immaginandosi la figura del bambino addormentato nel lettino nella stanza accanto.

Nonostante John.

Il bacio che riceve lo coglie di sorpresa e lo costringe a tirare indietro il capo prima di capire e sorridere rispondendo. Un bacio carico di sincera gratitudine e di un affetto che non pensava di vedere mai più. Forse non ama Selene, non lo sa, non può saperlo, non riesce a capirlo, ma sa che ha bisogno di lei quanto lei ha bisogno di lui, e per ora, almeno per ora, questo gli basta.

sabato 8 aprile 2017

Selene

Tu sei quello nuovo?

La prima settimana è stato male, la seconda è stato un inferno. Quando incontra Selene la prima volta a mal la pena riesce a stare dritto, troppo pallido e consunto per anche solo alzare gli occhi su di lei che si erge dritta davanti a lui, nella sua fragilità così imponente. La luce le illumina i capelli castani creando un alone che pare quasi di santità, ed è una cosa impossibile, perchè ha sentito chi è, ha ascoltato le sue parole e il suo racconto, sa precisamente cosa ha fatto -e si è fatta- e perchè si trova li.

E' così evidente?

Stringe i denti cercando di scacciare la sensazione di inadeguatezza che gli entra nel cervello come una lama infuocata, sospira e lascia che la ragazza prenda posto accanto a lui sulla sedia di plastica che cigola in modo assordante, rabbrividisce e si piega in avanti posando le braccia contro le gambe, ignorando quanto più possibile la sua presenza.

Sei uguale a me quando sono venuta la prima volta, parlare non serve a un cazzo, ma  se vuoi possiamo berci qualcosa.

Una vocina che ha lo stesso tono di quella di Leonard gli sussurra nell'orecchio sinistro che forse lei ci sta provando, ma un crampo alla schiena lo fa desistere dal darle attenzione. Chiude gli occhi e annuisce distrattamente reprimendo una risata stentata, mentre le palpebre si alzano faticosamente e gli occhi si fissano dritti sulla ragazza, saggiandone il fisico troppo magro, la pelle pallida e le unghie mangiate fino all'osso.

Sono registrato, niente birra per i freak.

Lei ride, si piega per portare il corpo alla stessa altezza del suo per poi piegarsi verso di lui il tono si fa cospiratorio. Ha gli occhi scuri e le labbra rotte dai propri denti, ma sorride ugualmente in un sorriso un po' storto. Non ha un buon profumo, se non un forte odore di talco che gli fa venire mal di testa.

Ma io no, posso comprare qualche bottiglia e andiamo a farci una bevuta a casa mia
Ho qualche problema a toccare le persone
Non ti ho chiesto di scopare honey, voglio solo bermi una birra e pensare a nulla per un po'

Ride, curvando le spalle e alla fine annuisce. La fatica che impiega nell'alzarsi in piedi viene vanificata da un saltello di lei che è già dritta in piedi fin troppo velocemente. Scuote la testa e si avvia accanto a lei, rispondendo in modo monosillabico ad ogni sua domanda con un sorriso che lentamente si disegna sul volto sudato.

sabato 1 aprile 2017

Goodbye

Philly non è più il suo posto.
L'ha capito in una ondata di certezza che l'ha colpito allo stomaco come un cazzotto. Come il primo cazzotto che ha preso, nel vecchio magazzino, da un vigilante in fiamme.
Philly non è più la sua casa, e se l'è ripetuto più volte mentre presentava un nuovo spacciatore ai suoi vecchi clienti, promettendo a lui un giro più che sicuro e a loro la certezza di droga dalla alta qualità.
Deve andare avanti. E questo l'ha pensato leggendo sul telefono il messaggio di Dusk che lo mandava a fanculo.
Ha camminato per le stanze di una casa mai completamente costruita e alla fine del suo percorso della memoria ha lasciato sul tavolo una pianta grassa ben annaffiata e curata e una lettera chiusa accanto alle ultime dosi di droga.
Davanti a casa di Jody ci è passato e si è fermato a sedere su una panchina, sotto la pioggia, a fissare senza timore di essere visto una finestra illuminata, con la nostalgia che gli si riversava negli occhi troppo blu. Per lei nessuna lettera, nessun addio. Come uno stupido codardo che non riesce a chiudere definitivamente. Sentirà le sue urla, un giorno, quando tornerà, ma non tornerà.
Il pensiero di Leonard lo scaccia come una mosca molesta, passandosi le dita tra i capelli bagnati. Starà bene, il vecchio, stanno sempre bene quelli come lui.
Poi tocca a Josephine, a lei che testardamente crede ancora a lui -e forse è l'unica-, nella sua officina ci entra nell'unico momento in cui lei è assente, forse in magazzino, ma anche per lei c'è solo una piccola busta che lascia tra gli attrezzi, fermandosi a fissare le sue opere su i muri, prima di scappare nuovamente tra pioggia e ombre.
L'ultima a cui fa visita è sua madre. Si siede sul materasso rovinato e la fissa a lungo e con insistenza, spiegandole attentamente ciò che sta succedendo. La fissa dritta negli occhi e alla fine le stringe entrambe le mani con una forza incredibile quando lei tra i singhiozzi lo prega di non abbandonarla. Non risponde nemmeno, le da un bacio sulla fronte e si alza, uscendo dalla baracca che ha costruito con sudore e impegno, lasciandosi alle spalle un peso talmente grande, che è convinto di stare camminando tra le nuvole.

Morgana ha una voce suadente, ma guardarla troppo a lungo lo mette a disagio. Accetta di trasferirlo, ma ne pare terribilmente dispiaciuta, anche se sembra prenderlo in giro. Assicura di aver lasciato tutto in ordine e chiede un posto lontano, un posto nuovo.
Lei propone New York con un sorriso composto che lo fa rabbrividire e accettare.

Philly non è più il suo posto.
Eppure quando mette in moto la macchina con nel baule le poche cose che possiede, si ferma a fissare il tatuaggio sul polso ed è costretto a chiudere gli occhi per lunghissimi istanti prima di trovare il coraggio di mettere la marcia e premere l'acceleratore.

Paul
Gaebriel 
Anna
Redemption 
Rebecca
Lucas
Sydney
Maximilian
Josephine 
Junior
Leonard
Raul 
Jody
Dusk



Prima di partire per un lungo viaggio, porta con te la voglia di non tornare più.

venerdì 24 marzo 2017

Maik.

Dov'è Dusk? Stitch. Non chiamarmi Stitch se sono senza maschera. Dov'è? Fa freddo. Ho bisogno di Ma' Non farmi uscire dalla tua testa Lei sa come funzionano queste cose. Mamma ti farà stare bene piccolo Mike...Ma tu ci pensi mai a Gabriel? Era il compleanno di pa' E ti fa stare male? Bugia È morto, Mike. Sei grande ora. Ti presento Gabriel, ora sei un fratello maggiore, dovrai prenderti cura di lui Perché piangi? Smettila! Smettila!! Mamma ha da fare con lo zio Mal ora, resta con Gab, ok? Ma tu ci pensi mai a Gabriel? Mi dispiace Mike, ma tuo fratello ha più possibilità di adozione senza di te, lo capisci questo, vero? Andrà in una buona famiglia e sarà amato. Tu ci pensi mai a Gabriel? Avevi un fratello? Un sacco di tempo fa. Non dovresti sniffare benzina... da solo. Ma tu ci pensi mai a Gab..
Trema tra le coperte di un materasso umido che non è il suo, nella vecchia baracca dal tetto rosso dove si è rifugiato quando Dusk gli ha detto che sarebbe stato solo quella notte, abbracciato a se stesso con la testa vicino alle ginocchia e la schiena curva sente i passi della madre che cammina avanti e indietro davanti al materasso, cercando di mantenere un controllo che non ha, per scivolare fuori dalla testa del figlio.

Scusa Mike, scusa, stavo male, ma ora è meglio, scusa, è tutto ok, c'è la mamma ora, non pensare, non pensare bambino mio, c'è la mamma. C'è la mamma...

Prova a dire mamma... maaammaaa, le facciamo una sorpresa quando si sveglia, così magari si ricorda che è il tuo compleanno e ci fa i pancake.
Maaaa mm aaaa mmmmmimmm mimm maaam maaaik. Mike.
No Gabriel, no, voglio i pancake, devi dire mamma, dire Mike non ci serve a niente ora.

Ci sono ricordi che non vorresti rivivere nemmeno nei tuoi peggiori incubi, che vorresti cancellare perché ti fanno troppo male.

Era il compleanno di pa'
E ti fa stare male?
No. 

Come fanno a dire che non è suo figlio? Ahh? È nato il suo stesso giorno dannazione!

Era il compleanno di Gab.
E ti fa stare male?
...

mercoledì 22 marzo 2017

Gasoline

Ha le dita che si appiccicano ai soldi per quanto sono sudate, la cosa lo aiuta a dirla tutta, riesce con maggiore facilità a staccare le banconote e dividerle in piccoli mucchietti davanti a se, le bustine di coca accanto a lui e la mente che si estranea da quei movimenti che ormai sono inconsci.

Ti leghi a chiunque faccia la minima cosa per te!

Sospira fissando una banconota da un dollaro, stropicciata e sporca, che lo fissa di rimando. Alza la mano sinistra e la posa sulla fronte massaggiando la pelle fino a sentire l'osso sotto il polpastrello. Scuote il capo e lo china, scuotendosi solo quando sente il rumore della porta che si apre. Sa già chi è, non gli serve alzare lo sguardo.

Shite..

Le parole di lei l'hanno ferito nel profondo, sente ancora il bruciore di tagli che gli ricordano il dolore di una vita di rimpianti. Non appena lei ha parlato, il ricordo delle persone con cui ha avuto a che fare gli hanno riempito la mente come uno tsunami incontrollabile.
Leonard. Ha visto la faccia del vecchio stamparsi dietro le palpebre, il ricordo di ciò che ha fatto per lui, di quando ha iniziato ad attaccarsi a lui dopo che gli ha salvato la vita contro la maschera di fuoco. Si posa la mano al centro del petto, dove la cicatrice dell'ustione gratta contro la maglia, a il ricordo di Anna che spintona quello del vecchio, la bionda scomparsa nel nulla, la dottoressa che gli entrava nella mente e lo usava e lui sciocco si aggrappava a lei cercando una protezione impossibile da avere e poi Redemption e il sorriso caldo quando da ragazzino temeva le botte nella casa famiglia e lei gli stringeva la mano. Rebecca gli fa bruciare lo zigomo di una vergogna carica di rimorso, lo stesso rimorso che brucia nel petto a pensare al nome di Maximilian Lee e al suo sguardo addolorato, come quello di Junior, la gatta che lo ha fatto sentire davvero amato per una volta nella sua vita.

Quando smette di pensare gli fa male tutto il corpo, ogni cicatrice gli ricorda qualcuno. Ha perso un pezzo di cuore e di anima per ogni persona che ha amato, il peso di una madre e di un padre che sono nella lista, ma che lui cerca di ignorare.

Shite.

Lo ripete alzandosi dalla sedia, lascia soldi e droga sul tavolo e spegne la luce infilandosi in camera da letto. Dusk gli da la schiena, arrotolata nel letto in posizione fetale. Si spoglia e prende posto accanto a lei, fissa il soffitto e infine sospira, girandosi per cercare la sua mano, reprimendo a stento il desiderio di scappare, il tremore che lo coglie e la voglia di bere o farsi.
Ha la nausea mentre chiude gli occhi e scaccia con forza le parole di lei dalla mente, ignorando gli allarmi del suo cuore che disperato gli urla di smettere.

Non ancora, non un'altra volta, non un'altra cicatrice.

- Che c'è?

- Non rompere.
- Sei tu che mi stai fissando Stitch, che vuoi? 
- Fatti i cazzi tuoi. 

La mano la stringe un po' di più e chiede perdono al suo cuore, come un drogato.  Solo per una volta ancora, solo una. Ha bisogno di quel calore. 

Sei una puttana.

Ma la verità è che quando ha sentito le parole di Stitch si è reso conto di non sapere più  riconoscere il vero affetto dal finto, non sa più nemmeno se prova qualcosa, e nel naso gli entra l'odore forte di benzina.

Syd...

martedì 7 marzo 2017

Remember

Quando si sveglia ha la faccia incollata al tappeto della clinica. La guancia che brucia per lo sfregamento e il corpo indolenzito. La bocca è amara e ha il sapore del vomito sul fondo del palato, la testa gira e fa male, il cervello sembra essere stato preso a calci.

Ricorda.

Sbatte le palpebre e a fatica si mette seduto. La schiena che sbatte contro il calorifero dietro di lui e le labbra che si arricciano in una smorfia infastidita. Si porta una mano alla testa infilando le dita come artigli tra i capelli mentre cerca di rimettere i pezzi al suo posto.

Ho nomi di morti tatuati sul collo.

Scuote la testa e sbatte le palpebre mentre lo sguardo scende sulla scatola di ciambelle abbandonata a terra, poco lontano. Aperta e profanata.

Ti porto qualcosa di buono.

Realizza e si guarda intorno alla ricerca di Stitch con fare ansioso, alzandosi da terra e barcollando subito dopo, colto da una vertigine. Questa volta quando posa la mano sulla fronte sente il profumo provenire dalla felpa che indossa, chiude gli occhi e posa la schiena contro il muro, un sospiro sconfitto.

Ricorda

L'immagine che gli scivola tra i fumi dell'alcool è il volto di Stitch che lo guarda sconsolata, dicendo che va a lavoro dopo avergli chiesto di ricordare.
Cosa?

Solo per tirarmi su.
Solo per questa volta.

Scivola con la schiena contro il muro, il sedere a terra e le mani intorno al capo, a reggere un cervello che rischia di scappare dalla calotta cranica da un momento all'altro, la croce che dondola fuori dalla felpa.

Ho nomi di morti sul collo.
È normale per quelli come noi.

God help me.
Just this one time.

sabato 4 marzo 2017

Don't let me go

Blue ha degli occhi che sembrano bruciare. lo fissa intensamente mentre le sue dita scivolano dentro la ferita allo stomaco, allargandola e strappando carne. Il sangue le scivola lungo il braccio e gocciola a terra, il dolore gli entra nel cervello facendolo mugolare, la testa sbatte contro la colonna a cui è appeso, le manette inibitrici tintinnano.

no..n.

l'altra mano si aggrappa alla mascella spappolata e stringe convulsamente, sente le ossa piegarsi come pongo sotto le dita di lei e vorrebbe urlare, ma non ha più voce. Dietro Blue appare una figura magra, zoppica avvicinandosi a loro nel buio dello scantinato maledetto e entra nella luce fioca che li illumina, mostrando il volto.

Infatti, ha ragione lui, non così..dovresti girare di più la mano. Ecco si, così, e poi affonda le dita tirando verso il basso, segui la direzione della ferita...

Spalanca gli occhi tirando le mani, cercando disperatamente di liberarle dalla presa delle manette, inutile. Le costole urlano di dolore ad ogni respiro, e non è facile respirare perché uno dei polmoni è andato.

Beh che ti aspettavi Mike? Che ti aiutassi?
Lo sai che vali meno della merda, sarebbe meglio se morissi qui dentro, sto solo cercando di fare in modo che succede.
Sei un peso che non posso gestire e sinceramente nemmeno voglio poi più di tanto, mica sei figlio mio, no? Ti sei appiccicato come una gomma alla scarpa e mo ti sto staccando via, semplice.
E smettila di farti storie nella testa.. nessuno è venuto a salvarti, Jody manco si ricorda che esisti o il tuo nome. Affronta la realtà Mike.

La mano di Blue si stringe intorno alla mascella, lo costringe ad abbassare lo sguardo su di lei. Allarga gli occhi fissando quelli troppo azzurri e accesi della ragazzina. Non ha più fiato nemmeno per urlare, il dolore si espande in tutto il corpo, trema vistosamente, il sudore gli scivola lungo la schiena.

Hei, non ti distrarre, io sono qui.
Sono qui e tu sei qui Mike, siamo insieme io e te, siamo sempre insieme.. sono nella tua testa.
Non provare a farmi uscire.

Allarga gli occhi, terrorizzato, sente lacrime scivolare lungo le guance mentre Blue si china su di lui, sente qualche commento di Leonard, ma non riesce a seguire il discorso, nonostante sappia che lo sta deridendo. Si sente distrutto, perso, abbandonato. È solo e nessuno verrà a salvarlo.

Spike?
Spike svegliati.
Spike?

Quando apre gli occhi prende una boccata d'aria tale che pare essere appena uscito dall'acqua. Il buio della stanza lo disorienta. Si guarda intorno ansioso, le dita strette intorno al lenzuolo, il busto nudo che mostra le cicatrici di ciò che ha subito. Sposta lo sguardo cercando disperatamente qualcosa e trema vistosamente. Il sogno è svanito, ma il dolore rimane. I muscoli si contraggono e il sudore scivola lungo la fronte e il collo.

Ju..

No. non è lei. Ci mette lunghi istanti di comprensione per riconoscere il profilo di Dusk nel buio, gli occhi che lo vigilano. Inspira ancora, lieto di sentire entrambi i polmoni riempirsi di aria e si curva verso di lei, portando il peso su una spalla.

Stitch..ho..ho bisogno di qualcosa. Sto male, sto male dammi qualcosa.

Come un bambino che chiede aiuto dopo un incubo, si curva verso di lei e poco importa del terrore che solitamente lo colpisce, cerca di accoccolarsi contro di lei, tremando. L'astinenza è più forte della fobia, la paura e il dolore la superano.
E comunque non potrebbe fare peggio dell'incubo.

Sono nella tua testa. Non provare a farmi uscire.

mercoledì 22 febbraio 2017

Why'd you come? You knew you should have stayed
(It's blasphemy)
I tried to warn you just to stay away
(Away)
And now they're outside ready to bust
(To bust)
It looks like you might be one of us


Watch me

Il cielo è incredibilmente sereno. È un pensiero che gli scivola nella mente dilaniata mentre, con la schiena appoggiata al muro e la testa contro il bordo della finestra, fissa verso l'alto cercando con insistenza qualcosa in quell'azzurro fin troppo acceso per i suoi occhi - o sono tutte invenzioni della sua mente e in realtà sta piovendo come nel giorno del giudizio e lui è semplicemente fottuto-. Si costringe a muoversi, ad alzare le braccia, quantomeno, a staccare la schiena dal muro e raddrizzare la testa altrimenti rovesciata all'indietro. Si costringe a reagire e non è facile.
La depressione è arrivata come un macigno troppo pesante da sostenere, un colpo dietro le spalle che l'ha fatto crollare definitivamente a terra senza possibilità di risollevarsi, con il volto schiacciato nella fangiglia che è la sua vita attualmente, una mistura di merda e droga da cui difficilmente riesce a tirarsi fuori.

Andiamo..

Lo mormora a se stesso mentre, con la testa che gli scoppia, si trascina almeno fino al letto, scalciando lo scatolo di una pizza che ha a mal la pena assaggiato. È dimagrito, anche troppo per i propri gusti, i muscoli si sono rattrappiti  e sa già che gli toccherà tornare in palestra per questo stupido scherzo. Ha letto da qualche parte che il recupero è più facile e veloce se c'è qualcuno al tuo fianco. Non lo sa. Junior è scomparsa dalla sua vista di punto in bianco, una delle sue sere è uscita e sono giorni che non torna a casa. Non è davvero preoccupato, è terrorizzato a dire il vero.
Non ha paura della sua salute, sa che è forte, che non c'è dubbio che stia bene, da qualche parte, ovunque. Non con lui.

Che ti aspettavi?

Infondo non poteva sopportare una situazione simile ancora per molto. L'incapacità anche minima di una carezza, di un abbraccio, di un tocco anche solo leggermente più intenso di un semplice sfiorarsi. Si odia, per quello che ha fatto a se stesso e a lei, per la sua stupida debolezza mentale, si odia perchè quella maschera non scivola via dalla sua testa quando si butta sotto la doccia, non viene pulita dalla spugna che gli graffia la pelle, ne dal calore ustionante dell'acqua. Non se ne va e gli sta rovinando la vita.
Si trascina fino al letto, il materasso che aveva promesso di togliere da terra, di sostituire con un vero letto, è ancora li, tra la polvere di una vita che è naufragata prima ancora di salpare davvero. Era pieno di meravigliose speranze, dentro di se, intorno a se e ora eccolo, accasciato su un vecchio materasso a pregare per una dose di cocaina, tra scatole di pizze fredde e lattine di birra di contrabbando. Sembra sua madre.

Fondamentalmente perchè lo sei.

La voce infastidita di suo padre gli entra nel cervello riprendendolo con violenza e fastidio, gli sembra di sentire uno schiaffo sulla pelle e non sa se se lo è dato davvero da solo. Stava per finire il mondo e lui ha passato la sua ultima sera tra le coscie di Honey al Red, talmente fatto da ricordare solo sensazioni vaghe e desideri inconsulti, mescolati a visioni inquietanti di maschere dagli occhi blu.
Uno schifo.

Sono molto deluso Mike.

Ha la faccia di Dusk che gli appare davanti agli occhi, carica di attenzioni per la sua salute fisica e chissà, magari anche mentale. Cerca di scacciarla via mentre ascolta un padre nervoso che da morto gli sussurra nelle orecchie mentre il mondo va oscurandosi intorno al suo corpo. Stringe i denti in un moto di fastidio mentre cerca di sedersi sul materasso con strani scricchiolii, tornando a guardare fuori dalla finestra il cielo troppo colorato, troppo luminoso. Non gli piace nemmeno un po'.

Tu sei qui, strafatto, mentre il mondo fuori va avanti. Sono altri che si prendono la gloria, e tu?

Non la vuole la gloria, non l'ha mai voluta e poi che gloria dovrebbe volere? La morte di Maximilian Lee? ExPreside, amato insegnante e amico..Si massaggia la fronte pensando che alla fin fine è meglio cosí, sciocco lui a fidarsi ancora di Leonard.
Il cuore perde un battito anche solo a pensare al vecchio. Si passa le mani sugli occhi premendo con una insistenza dolorosa, scacciando pensieri e sentimenti da un corpo tremante che non può sopportarne. Non ora. Per favore.

Tira fuori le palle Mihael McRush, non ti ho fatto nascere per essere un perdente.

Ma lo è, cosí sciocco da farsi condizionare da una maschera morta, da una tortura ormai passata, vent'anni e lui ancora non è riuscito ad andare avanti e si odia per questo. Resta seduto, la schiena curva, il materasso ammorbidito sotto il suo peso e lo sguardo verso il cielo sereno. I capelli allungati gli hanno invaso il volto pallido, scivolando davanti agli occhi che riflettono il cielo, cerchiato da un rosso che non è il tramonto.

Vaffanculo

Lo sibila al cielo, lo sibila al mondo, a se stesso, a Leonard, a Maximilian, al padre, a Blue, a Jody, a Dusk.. lo sibila a tutto l'universo, anche a quello dall'altra parte, anche a quello sconosciuto. Si passa una mano sulla fronte e si alza dal letto con un mugolio nervoso recuperando i pantaloni di jeans da terra per indossarli con mosse secche. Tempo cinque minuti ed ha giá chiuso la porta dietro le spalle, buttandosi nello smog soffocante del north, nel suo squallore.
Sotto un cielo troppo azzurro.

Guarda. Sono ancora vivo.
Guarda.

domenica 5 febbraio 2017

Pink & Blue

Sente la musica, vede le forme, ma la cocaina rende il tutto più strano. Veloce e lento al tempo stesso, confuso e meraviglioso. Si chiede spesso come mai non si sia invaghito prima di quella polvere bianca.

perché sai cosa provoca.

Glielo dice una vocina nella testa, ma lui la ignora bellamente scuotendo il capo. La mano di qualcuno si posa sulla sua spalla e lui è troppo preso per lasciare che i pensieri rovinino il momento. Fissa la mano, stralunato, quindi si volta verso il proprietario di quell'arto. Una ballerina vestita da sexy vigilante si china verso di lui, e gli viene da ridere per l'ironia della situazione.

"Spike, perché qui da solo? Vuoi un po' di compagnia tesoro?"

Mollemente allunga la mano per scacciare quella di lei dalla spalla

"Solo se ti togli quella roba di dosso"

Non voleva essere una richiesta sensuale, ne essere una proposta di sesso, ma così viene recepita e non fa niente per far ricredere qualcosa alla bella Candy che lo trascina fino al privè. La stanza è rosa, come i cappelli tinti della ragazza che inizia a togliersi il completo mentre gli gira intorno, innescando nel cervello alterato un gioco beffardo di ricordi e realtà.

"Ti stai divertendo?"

È la voce di Blue quella che gli arriva all'orecchio, non quella di Candy, sono gli occhi di lei che vede davanti ai suoi, quando Candy si china davanti a lui, sistemandosi tra le sue gambe slacciandogli i pantaloni.

"Perché io non mi sto divertendo nemmeno un po'.
Pensi che sia un gioco? Potrei ucciderti, ora. O meglio ancora, potrei svegliarti. Non te lo aspettavi, vero?  Di essere ancora in mano mia."

La paura ha una reazione bizzarra sul corpo umano. Eccita in un qualche modo. E la cocaina in circolo fa il resto. Si risveglia quando Candy gli scivola sopra con un gemito mal trattenuto, le braccia posate sulle sue spalle. È ancora seduto sulla sedia e non sa quando ha posato le mani su i fianchi della ballerina, accompagnando i suoi movimenti.

"Blue? Forse sono più Pink.. Chi è Blue, la tua fidanzata?"

Per un attimo il viso di Junior gli riempie la mente. Il calore del suo corpo e le sue lacrime, il profumo dei suoi capelli..Poi la cocaina e l'eccitazione portano via anche quello. Non risponde a Candy, si aggrappa a lei e segue i suoi movimenti.

Quando tutto è finito lascia tra le mani della ragazza un centone e riceve un bacio di ringraziamento con l'aggiunta che per lui sarebbe stato gratis, ma poco importa, ha voluto pagare lo stesso.
Fuori dalla porta del privè gli sembra di incrociare la figura di Jody, ma non si sofferma.

Lo aspetta il bancone e un po' di alcool per affrontare il down improvviso e la nuova convinzione di essere nel posto sbagliato, prigioniero della propria mente.

Infondo se è tutto finzione, a che serve continuare a fingere?

lunedì 9 gennaio 2017

Hearthstone

Se ne sta nel letto sdraiato, ascoltando il respiro di chi è sdraiato al suo fianco, l'odore di alcool tutto intorno a loro, l'amaro in bocca e la testa pronta a scoppiare.
Da qualche parte c'è il telefono e gli scivola nella mente stanca il desiderio di chiamare Junior, sentire la sua voce e lasciarsi andare in un pianto soddisfacente, limpido e sfibrante.
Aggrapparsi a lei e permettersi di essere fragile, perduto e spaventato.

Poi sente un singhiozzo accanto a sé e scaccia l'idea ci sarà tempo, dopo, per essere deboli. Ora no. Ora deve essere forte, anche se si sente nuovamente quel bimbo sporco di fango nel corridoio dell'ospedale.

Please don't die. Please...